Nasce a Tunisi il 15 aprile 1938.
Ancora giovanissima, diciassettenne, la Cardinale deve affrontare una vicenda che sarà determinante nella sua vita e nella sua carriera: una esperienza dolorosa, una violenza da parte di un uomo da cui nascerà un figlio. La gravidanza è un evento traumatico che la ragazza nasconde a tutti, anche ai propri familiari, decisa comunque a portarla a termine, anche a scapito della nascente carriera di attrice. In questo frangente, notata per la sua bellezza tipicamente mediterranea (era stata eletta “la più bella italiana di Tunisi” e premiata con una viaggio a Venezia durante il Festival del Cinema) riceve dalla Vides, casa di produzione di Franco Cristaldi, la proposta di un contratto in esclusiva con un primo film in carnet, I soliti ignoti di Mario Monicelli. L’occasione è allettante: è la salvezza per la giovane che abbandona Tunisi e si trasferisce a Roma. Il contratto accettato è molto vincolante; come ricorda la Cardinale nel suo diario [40]: “Decine e decine di pagine in cui tutto era precisato al millimetro: un’infinità di clausole in cui mi impegnavo a non modificare il mio aspetto fisico, non potevo tagliarmi i capelli. In una parola, non ero più padrona né del mio corpo né dei miei pensieri. Tutto era in mano alla Vides. Per dieci anni secondo il primo contratto, al quale ne è seguito un secondo di altri cinque, e un terzo di tre… Insomma io sono entrata nella scuderia Vides nel 1958 e ne sono uscita nel 1975”. Viene così avviata sapientemente alla carriera di attrice attraverso una graduale partecipazione a film importanti, anche se con parti, inizialmente, di secondo piano; I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, Tre straniere a Roma (1958) di Claudio Gora e La prima notte (1958) di Alberto Cavalcanti. L’attrice partorisce a Londra, dove Cristaldi l’ha inviata per allontanarla da ogni pubblicità scandalistica che avrebbe nuociuto alla sua carriera e il bimbo nato, di nome Patrick, resta un segreto per tutti, per non comprometterne l’immagine: questo è ciò che Cristaldi impone, contratto alla mano, anche se qualche anno più tardi darà al ragazzo l’affiliazione con il proprio cognome. La vita privata e quella pubblica, di attrice, si mescolano dolorosamente: “…ero ancora più sola sul set, dopo la nascita di Patrick: lavoravo, sorridevo ai fotografi, e coltivavo il dolore segreto di questa cosa grandissima e segreta.. Un figlio da nascondere: da amare ma di cui vergognarsi. E questo pensiero mi impediva di vivere, di apprezzare la vita pubblica e professionale, per non parlare di quella privata: mi rendeva sempre più appartata, silenziosa, segreta” [40]. Il primo film importante della sua carriera arriva con Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi; “Pietro Germi è stato il primo che mi ha insegnato che cos’era veramente la recitazione: ..nel film di Germi dovevo recitare: avevo un ruolo drammatico, importante. E lui mi si è messo accanto.” [40]. Sul set l’attrice dimostra un carattere tenace ed autonomo; il suo temperamento, unito alla sua bellezza e alla sua recitazione, popolaresca ma al tempo stesso interiore e spontanea, le consente di interpretare ruoli sempre più convincenti ed impegnativi; realizza l’Audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Nanni Loy, Il bell’Antonio (1960), La viaccia (1961) e Senilità (1962) di Mauro Bolognini, Vento del sud ( 1960) di Enzo Provenzale, I delfini (1960) di Francesco Maselli, Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti. Due interpretazioni la confermano come una delle attrici più preparate nel panorama internazionale: è Aida ne La ragazza con la valigia (1961) di Valerio Zurlini, ballerina di poco conto ma interprete, con il suo partner Jacques Perrin, di una delle più belle storie d’amore del cinema italiano; di quest’esperienza l’attrice ricorda: ”Riuscì talmente, Valerio Zurlini, a farmi identificare con il personaggio, che, alla fine del film, io non sapevo più chi ero: terminata la lavorazione, sono rimasta chiusa per una settimana nella mia stanza perché stavo male come Aida, mi sentivo esattamente come lei” [40]; il film le vale il primo David di Donatello nel 1961; è Mara nel film La ragazza di Bube (1963) di Luigi Comencini, in cui l’attrice dalla voce roca, per la prima volta libera dal vincolo del doppiaggio, può mostrare una sensualità ancora più forte; l’interpretazione le vale il Nastro d’argento come migliore attrice. Lavora con Federico Fellini in 8 ½ (1963) e ancora con Luchino Visconti ne Il Gattopardo (1963), esaltazione della sua bellezza, quella che consente ad Angelica, la protagonista, di inserirsi con naturalezza nel mondo aristocratico siciliano di fine ‘800. E poi tanti altri film, tra cui Il magnifico cornuto (1964) di Antonio Pietrangeli, Vaghe stelle dell’orsa (1965) e più tardi Gruppo di famiglia in un interno (1974) ancora di Visconti, Le fate (1966) di Mario Monicelli, Il giorno della civetta (1968) di Damiano Damiani; la Cardinale, grazie ad una inflessibile disciplina professionale, ha ormai conquistato sia il pubblico, italiano ed internazionale, sia registi e intellettuali di rilievo, imponendo una sua personale immagine di donna. L’attrice dice di sé stessa: “Io non mi sono mai considerata un’attrice. Sono solo una donna con una certa sensibilità: è con quella che ho sempre lavorato. Mi sono accostata ai personaggi con grande umiltà: cercando di viverli dal di dentro, usando me stessa, e senza far ricorso a nessun tipo di tecnica” [40]. E’ questo il periodo in cui l’attrice lavora anche negli Stati Uniti, dove per tre anni trascorre a Hollywood sei mesi all’anno. Lavora con John Wayne e Rita Hayworth ne Il circo e la sua grande avventura (1964), con Rock Hudson in L’affare Blinfold (1965), Anthony Quinn in Né onore né gloria (1966), Burt Lancaster ne I professionisti (1966), Tony Curtis in Piano, piano, non t’agitare (1967).
Alla fine degli anni ’60 si apre una seconda parte della sua carriera in cui il cinema italiano non sa sfruttare le sue capacità artistiche, offrendole ruoli non adeguati alle sue capacità: sono gli anni di Una rosa per tutti di Franco Rossi, C’era una volta il west di Sergio Leone, Nell’anno del Signore di Luigi Magni, I guappi di Pasquale Squitieri, Libera amore mio di Mauro Bolognini, Qui comincia l’avventura di Carlo Di Palma. Con quest’ultimo film avviene il distacco dalla Vides: “Lasciare la Vides non è stato né facile né indolore per me: per vendetta o per rabbia, o non so per cosa, Cristaldi ha creato il vuoto intorno a me, e io per un lungo periodo sono rimasta disoccupata, con grandissime difficoltà anche economiche” [40]. Rimane ancora sulla scena con interpretazioni più sporadiche in film e produzioni per la televisione e in teatro. Tra i numerosi premi che hanno sancito il riconoscimento delle sue interpretazioni, da segnalare tre David di Donatello e tre Nastri d’argento, oltre il Leone alla carriera della Mostra del cinema di Venezia nel 1993 e il David, anch’esso alla carriera, nel 1997.