Neorealismo e dintorni |
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Christian De Sica ricorda Il Padre alle prese con la regia del film "La porta del cielo" |
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Le riprese della Porta del cielo
iniziarono il 1° marzo del 1944. Dentro la Basilica di San Paolo. A
Roma e all’estero. Vi sventola la bandiera bianca e gialla del
Vaticano. Che non è in guerra con nessuno. Lì fu girata
l’ambientazione della chiesa di Loreto. Lì fu costruito il set con
il treno che trasporta i malati.
Zavattini faceva tardissimo:
lavorava di notte, mangiando baccalà fritto all’alba, e in una
friggitoria del Ghetto lui e mio padre hanno assistito a una
deportazione di ebrei romani. Due camion, uno con i bambini e le
donne e l’altro con gli uomini. Tornati a Cinecittà, hanno
cominciato a scritturare partigiani, ebrei, amici di intellettuali e
si sono chiusi dentro la Basilica di San Paolo e alla fine erano più
di quattrocento persone. Che vivevano lì dentro. Tutti i componenti
della troupe ebbero uno speciale permesso di circolazione.
Un’assicurazione sulla vita, almeno a Roma. Ci fu chi se ne servì
per fare il mercato nero, chi per partecipare alla Resistenza. La
gente di cinema, inoltre, è spregiudicata, godereccia. Facevano
l’amore dentro i confessionali, alcove verticali scomode ma adatte
al godimento veloce. Li usavano come vespasiani. Ci dormivano.
Toccava ai frati raccogliere i preservativi abbandonati. Il clima di
guerra, la persecuzione contro gli ebrei, l’attesa della
liberazione, la finzione del film e l’extraterritorialità garantita
da quella Basilica trasformavano quel luogo sacro in uno scenario da
film di Buñuel. Ma quando papà ordinava il “si gira” quella sorta di
sabba infernale di quel popolo di finti preti, suore, feriti,
sciancati, mutilati cessava e solo nella finzione del
film la chiesa tornava a essere tale. |