L'album è dedicato a quelle donne, attrici, che con le loro storie professionali e capacità interpretative hanno saputo importare nel cinema nuovi modelli di femminilità, nuovi ruoli più originali e rappresentativi dell’universo-mondo femminile, nuove tipologie di bellezza e seduzione. La scelta effettuata di privilegiare alcune donne piuttosto che altre, è certamente arbitraria; sono state scelte attrici italiane che iniziano la loro avventura nel cinema nel decennio ’50-‘60, momento in cui una intera generazione di artiste, pensiamo alle dive del film muto o alle interpreti dei film di regime, viene rinnovata da una nuova generazione di giovani donne che si avvicinano e cercano notorietà attraverso il mezzo della cinematografia.
L’onda del neorealismo nel cinema, che raggiunge la sua massima espressione negli anni ‘45-’50, è il primo fenomeno, macroscopico, a favorire questo ricambio; i registi e gli sceneggiatori vogliono mostrare la realtà così com’è, senza sovrastrutture, gli uomini e le donne nella loro semplicità, i luoghi nella loro povertà e devastazione per la guerra appena finita, ma nel contempo pieni del fervore che precede la rinascita. Questa nuova rappresentazione richiede però interpreti diversi, che non possono provenire dalle commedie borghesi e patinate fino ad allora rappresentate; sono attori che provengono dal varietà e dai teatri rionali, come Anna Magnani o Aldo Fabrizi, o sono attori giovani, nuovi, che si accostano per la prima volta al mondo del cinema.
Focalizzando l’attenzione all’universo femminile possiamo dire che questo decennio è cruciale per la sua evoluzione; la guerra aveva affidato alle donne, con i loro uomini lontani, al fronte, indipendenza e nuove responsabilità, e sono questi gli anni delle conquiste sociali delle femministe e dell’emancipazione in genere; in questi anni si creano nelle donne nuove consapevolezze, grazie ad elementi anche abbastanza disparati tra loro: dal ricevere uno stipendio, al guidare un’automobile, dalla possibilità di accedere ad una istruzione superiore, alla facilità di poter personalizzare la propria immagine grazie alle nuove possibilità offerte dal trucco, dalle nuove acconciature, da nuovi capi di abbigliamento. Inoltre l’apertura verso gli Stati Uniti, conseguente all’intervento militare, determina un’osmosi di prodotti che influenzano i comportamenti; due esempi assolutamente differenti: le calze di nylon ed i film, prodotti ad Hollywood, che “fanno toccare con mano” agli italiani gli stili di vita e il benessere raggiunto dagli americani. Cresce il numero di donne che trova un lavoro subordinato, spesso in fabbrica, si apre alle donne il lavoro negli enti pubblici e nascono nuove professioni tutte al femminile: l’interprete, l’hostess, l’indossatrice. In realtà negli anni ’50 di questi cambiamenti del mondo femminile, che esploderanno nel decennio successivo, non c’è consapevolezza, talmente avvengono lentamente e in modo individuale, non generalizzato; non c’è un luogo comune in cui le donne possano confrontarsi e recepire le une le esperienze delle altre; non c’è ancora la TV. Il cinema con le sue attrici è uno dei pochi luoghi di scambio e di contaminazione di esperienze; i vestiti e il trucco copiati dalle riviste, spesso fotoromanzi in cui le stesse attrici ripropongono le trame dei film, gli oggetti visti nelle pubblicità, gli atteggiamenti e gli approcci con l’altro sesso visti e rivisti nei film, al buio delle sale cinematografiche che, quasi una contraddizione, diventano uno dei pochi luoghi pubblici ove incontrarsi e confrontarsi.
Negli anni ’50 è strettissima la relazione tra cinema e bellezza femminile, data la particolare sensibilità dei registi del momento, molti dei quali presiedono le giurie dei vari concorsi di bellezza in voga in quegli anni; e proprio da tali concorsi provengono spesso molte delle giovani e belle attrici che iniziano la loro attività artistica. Ma questa bellezza, che si manifesta pienamente con l’esibizione del corpo femminile e con la carica di erotismo che esso emana, non rappresenta più un elemento di subordinazione della donna, anzi ne testimonia il proprio riscatto, rappresenta la modernità, la trasgressione alle regole imposte dalla tradizione. Le attrici, sulla scena, così come le donne, nella vita, erano state da sempre discriminate ed assoggettate all’uomo; l’industria cinematografica era stata per lunghissimo tempo maschilista e i film prodotti riproducevano una visione del mondo in cui la donna era subordinata all’uomo; le attrici poi dovevano rispettare alcuni canoni che poco avevano a che fare con la loro bravura o professionalità: essere belle, seducenti, rivestire ruoli limitati, subalterni, in positivo o in negativo, a quelli dell’attore maschio. Questo rapporto, certamente sempre in divenire e mutevole, vira drasticamente agli inizi degli anni ’50 per tutti i motivi storici, economici, sociali di cui abbiamo detto; in questo contesto si affacciano sulla scena le nuove giovani donne che lotteranno con bravura e professionalità per conquistarsi un loro posto al pari dei “colleghi attori” e, figlie del loro tempo, vivranno i loro ruoli e personaggi in maniera più moderna e indipendente: è per questa ragione che ho voluto chiamare questa raccolta “Le Donne del cinema italiano”.
L'album è suddiviso in sezioni, ciascuna dedicata ad una attrice: “Marisa Allasio”, "Claudia Cardinale”, “Gina Lollobrigida”, “Sophia Loren”, “Silvana Mangano”, “Stefania Sandrelli”, "Catherine Spaak" e "Monica Vitti".
In ciascuna scheda, per ciascun film, è riportata una breve trama, generalmente estratta da [6].