|
Il film non fu mai
diffuso, perché espressione di un neorealismo visto da destra,
politicamente scomodo; questa volta cioè l’oppressore non è il
fascista, l’uomo “di destra” come nei film classici del
Neorealismo, ma il regime comunista di Tito “di sinistra”.
Inoltre in quegli anni la neonata Jugoslavia, cui era stata
concessa l'Istria, era un baluardo nei confronti dell'Unione
Sovietica; la sua alleanza con paesi limitrofi, come Grecia e
Turchia, verso eventuali aggressioni esterne, faceva comodo alla
Nato; ii regime di Tito quindi non doveva essere criticato.
Il film è quasi
contemporaneo all’accadere degli avvenimenti che descrive e si
avvale della collaborazione di alcuni nomi illustri: alla
sceneggiatura partecipa Federico Fellini e la fotografia è di
Tonino Delli Colli; alcune riprese furono filmate dal vero, nei
giorni dell'esodo, dai fratelli Vitrotti, e fatte visionare al
regista Bonnard dal padre, Roberto Vitrotti; ciò ha certamente
suggerito al regista l'ambientazione e il soggetto del film. Le scene ricostruite in studio
e quelle girate
in esterni furono poi magistralmente inframezzate durante il montaggio
con quelle girate dal vero. Tali scene danno al film
l’impronta caratteristica del cinema neorealista; tra queste
immagini alcune famose come l’imbarco dei profughi con le loro
masserizie sulla nave “Toscana”, messa a disposizione del
Comitato Esodi del Governo Italiano.
E’ stato scelto
tra i 100 film da salvare, iniziativa nata all’interno della
Mostra del Cinema di Venezia, con l’intento di individuare le
pellicole più idonee a rappresentare la memoria collettiva del
paese.
Foto
35x50 |
La città dolente (1949)
Regia: Mario Bonnard
E’ l’unico film
che, traendo spunto da una storia vera sull’esodo degli Italiani
da Pola, descrive le sofferenze dei profughi istriani costretti
all’esperienza dei gulag, dell’esodo, delle fughe in mare.
La trama:
è già in atto
l’esodo dei cittadini italiani che abbandonano la città di Pola,
assegnata alla Croazia dopo la guerra, per trovare rifugio in
Italia; ma Berto, un operaio meccanico, decide di restare con il
miraggio di diventare il padrone dell’officina dove lavora. E’
un’illusione: i macchinari vengono confiscati dal regime; la
moglie riesce a partire con il figlio che ha bisogno di cure,
aiutata da una funzionaria del regime; Berto viene imprigionato;
riesce ad evadere, tenta la fuga in barca verso l’Italia, dove
non arriverà mai.
Manifesto 100x140
|