Neorealismo e dintorni |
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La trama: Daniele, un ragazzo sedicenne, dopo un bombardamento aereo fugge dal collegio per tornate alla sua famiglia, ma trova la casa devastata e i genitori morti sotto le bombe. Mentre vaga tra le rovine incontra Tullio, un altro ragazzo, ed accetta il suo invito di unirsi a lui ed al gruppo di ragazze con cui vive. Nel rifugio dove i giovani profughi abitano, c'è Carla, una giovane che per vivere si prostituisce, Giulia, ammalata di tubercolosi, e Maria, una piccola orfana. Tullio vive di furti e contrabbando, ma Daniele non accetta di far parte della banda. Una notte Tullio viene ucciso dai Carabinieri e Daniele rimane profondamente addolorato per questa tragedia. Intanto la salute di Giulia si aggrava sino a provocarne la morte; questo ulteriore tragedia spinge Daniele verso il suicidio, ma Carla lo salverà in tempo. Daniele deciderà di tentare di rifarsi altrove una nuova vita.
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Il cielo è rosso (1950)
Regia: Claudio Gora
E' il 1944 e gli aerei americani sganciano bombe su Treviso, seminando morte e distruzione; in questo scenario di rovine materiali e morali Giuseppe Berto ambienta il suo romanzo da cui è tratto il film. Questo è il primo di pochi altri che Claudio Gora dirige da regista, molto attivo invece in veste di attore; si avvale nella scenografia di Cesare Zavattini che contribuisce a dare alle scene un taglio di crudo realismo. La sepoltura di Giulia, abbandonata tra le macerie della città "off limits" per paura dei crolli e del possibile contagio dei cadaveri ivi abbandonati, o il vagabondare dei ragazzi di notte tra le macerie, sono alcuni dei momenti che sottolineano la miseria e la disperazione, senza speranza, dei protagonisti. Il film è di difficile reperibilità e non è stato accolto con grande favore dalla critica del tempo che pur apprezzandone le tecniche realizzative ne ha criticato la trasposizione dal romanzo; scriveva il critico Gianni Rondolino [20]: "Il film d'esordio nella regia dell'attore Claudio Gora, fedele trascrizione del romanzo di Berto, corretta e cinematograficamente pregevole, accurata, che dimostra nel suo autore una maturità di linguaggio già raggiunta, ma che si rivela inutile perché esteriore allo spirito del romanzo più ancora che ai fatti narrati. La crisi di una generazione sopravvissuta alla guerra, simboleggiata nella figura di un giovane che decide di ricominciare altrove la propria vita (nel romanzo invece si suicida), è seguita passo passo da una cinepresa che registra i fatti, le reazioni dei personaggi, ma che si rivela incapace di giustificarli sul piano dell'espressione artistica....."
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