Neorealismo e dintorni |
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Stromboli, terra di Dio (1950) Regia: Roberto Rossellini
Il soggetto del film era inizialmente destinato ad Anna Magnani, compagna del regista, ma una lettera di Ingrid Bergman, già attrice di successo, a Rossellini, cambia ogni cosa; scriveva la Bergman: "Caro signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla l'inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, che si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo ti amo, sono pronta a venire in Italia per lavorare con Lei. Ingrid Bergman". Rossellini accetta e la Bergman diventa la protagonista assoluta del film. La Magnani, sentendosi tradita dal regista, risponderà polemicamente realizzando e interpretando un film, Vulcano, girato negli stessi mesi e a poca distanza dal set di Stromboli.
La trama: Karin, una giovane lituana, conosce durante la guerra, in un campo di concentramento italiano, Antonio, pescatore dell'isola di Stromboli, ed accetta di sposarlo per sottrarsi alla prigionia. A Stromboli Karin non trova il paradiso di cui le parlava Antonio: l'isola è arida, vulcanica, gli abitanti sono primitivi, la loro casa è un rudere desolato e spoglio. Superato lo sconforto dei primi giorni Karin cerca di collaborare attivamente con il marito: riassetta la casa, cerca di far amicizia con gli isolani, ma trova soltanto incomprensione ed ostilità; tra delusioni e speranze si accorge di essere in attesa di un bambino. Intanto il vulcano entra in attività, causando distruzione e spavento. Karin decide allora di fuggire, ma deve attraversare la montagna; sfinita dalla stanchezza e soffocata dalle esalazioni del vulcano, crede di morire. Ma dopo un sonno ristoratore, al risveglio, il pensiero del suo bimbo che deve nascere la rasserena e rivolge il suo pensiero a Dio.
Questo film conclude la stagione neorealista del regista. Anche se lontana, solo sullo sfondo, è ancora la guerra a determinare l'incontro di destini che non si sarebbero mai incrociati e condizionare le storie dei protagonisti. E ancora il regista sente di dover girare la storia su quell'isola sperduta, tra la gente del posto, creando un rapporto diretto con l'umanità dei personaggi, non stilando un copione ed improvvisando le riprese; ciò comporterà seri problemi durante la produzione del film: non ci sono alberghi né telefono, i servizi igienici sono carenti, le donne vestite di nero, che all'inizio potevano anche incuriosire, appartengono in realtà ad un mondo lontano e inconciliabile con la troupe cinematografica; l'ostilità del luogo e il disadattamento della protagonista Karin, che il regista porta sullo schermo, sono quelli reali che la Bergman prova quotidianamente. L'esperienza della guerra e gli spunti drammatici che essa ha fornito sta esaurendosi; con questa consapevolezza il regista inserisce nelle vicende descritte nuove tematiche, cristiane, o per meglio dire trascendentali, in cui l'uomo non è tanto posto dinanzi a scelte fondamentali quali la vita e la morte, quanto piuttosto, dibattendosi tra le proprie contraddizioni, è alla ricerca di Spiritualità e di Soprannaturale. E' la metamorfosi finale di Karin che al culmine della disperazione e dell'angoscia scoprirà Dio e gli rivolgerà la sua preghiera.
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