Neorealismo e dintorni |
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Il cappotto (1952)
Regia: Alberto Lattuada
La storia č un adattamento del romanzo "Il mantello" dello scrittore russo Nikolaj Vasilevic Gogol; abbastanza fedele nella trama, il regista introduce e sviluppa alcune scene e situazioni per meglio contribuire a dar carattere ai personaggi.
La trama: Carmine De Carmine, modesto impiegato comunale, avrebbe urgente bisogno di un cappotto nuovo; quello che porta da tempo č vecchio e logoro e costituisce per lui un incubo, ma purtroppo il suo misero stipendio non gli permette d'affrontare la spesa. Un giorno, casualmente, assiste ad una conversazione tra due costruttori che stanno concordando certi loschi affari con il segretario comunale; č una fortuna: costui, per assicurarsi il suo silenzio, gli fa avere un anticipo che gli permette di acquistare il tanto desiderato cappotto. Alla festa di Capodanno, con colleghi e superiori, il De Carmine, pavoneggiandosi nell'abito ed eccitato dai fumi dell'alcool, trova il coraggio di ballare con la bella amante del sindaco, suscitando l'ira di costui. Quando, rincasando, viene derubato del cappotto lo stesso sindaco si rifiuta di aiutarlo e il dolore di Carmine č tale che ne muore di crepacuore. Da morto egli mette in atto la sua vendetta: il suo carro funebre intralcia le manifestazioni cittadine in onore di una autoritą e il suo spettro, dopo aver allarmato l'intera cittadinanza, si presenta al sindaco in casa dell'amante, che fuggendo decide di cambiar vita.
Molti critici rimangono perplessi per il fatto che il regista trovi ispirazione dalla letteratura russa, e Lattuada deve prodigarsi nel sostenere, a ragione, che il tema affrontato da Gogol ha un carattere universale; la burocrazia violenta, che schiaccia un piccolo uomo sino a provocarne la fine, la cattiveria dell'uomo e del potere. C'č una visione neorealistica nel film e molti critici vedono in questo la mano di Cesare Zavattini (che insieme ad altri ha curato la sceneggiatura: Giorgio Prosperi, Leonardo Sinisgalli, Giordano Corsi, Enzo Curreli, Luigi Malerba): c'č la solitudine dell'uomo, che ricorda quella di Umberto D e la descrizione di una umanitą miserevole e destinata alla sconfitta; c'č l'attenzione ai particolari che la cinepresa mostra nel suo "pedinamento" dei personaggi; ma il regista ha sempre minimizzato il ruolo di Zavattini, limitandone la partecipazione a conversazioni sulla sceneggiatura. Il contributo di Zavattini traspare anche nel finale surreale e fantastico che ricorda quello di Miracolo a Milano, ma che allontana il film dalla poetica neorealista, fatta di osservazione della realtą; qualcuno ha voluto parlare di "realismo magico" o di "favola realistica", definizione gią data al film di De Sica, volendo con questo intendere un surreale non fine a sč stesso ma rafforzamento della realtą attraverso la favola.
Questo film segna il distacco di Lattuada dal filone neorealista, alla ricerca di una strada personale che vedrą al centro del proprio interesse, nelle successive realizzazioni, la donna e la sessualitą femminile. |
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