|
La trama:
un prigioniero italiano, che ha tentato di fuggire dal campo di
prigionia inglese, viene processato dal Tribunale militare. Per
salvare il loro compagno da una dura condanna, gli altri
prigionieri s'impegnano a costruire in due ore, fuori dei
reticolati, una Chiesa, col materiale che potranno procurarsi
senza turbare la normale disciplina del campo. E' l'8 settembre
del 1943 e i prigionieri sono convinti che entro pochi giorni la
guerra finirà e se ne andranno tutti a casa: si tratta solo di
guadagnar tempo. Ma i giorni passano; i tedeschi non hanno
accettato l'armistizio e la guerra continua. I prigionieri
devono tentare l'impossibile per vincere la scommessa che hanno
fatta col comandante del campo. L'inventiva, l'ingegnosità, lo
spirito di adattamento degli italiani hanno modo di palesarsi
per intero. Il legname occorrente alla costruzione viene
ricavato dalle baracche, gli attrezzi vengono improvvisati, il
lavoro preparatorio si svolge quasi tutto di notte, col continuo
pericolo d'improvvise ispezioni. Finalmente tutto è pronto, è
giunto il giorno stabilito; il colonnello fa aprire i cancelli e
inizia la prova. Si elevano in breve le fiancate della Chiesa,
vengono coperte dal tetto e spunta la sagoma di un piccolo
campanile, in cui c'è una piccola campana offerta dai
prigionieri tedeschi di un vicino campo. Il primo rintocco della
campana annuncia che il lavoro è ultimato: la Chiesa è finita.
Gli italiani hanno vinto la scommessa.
Non c'è
realismo in questo film, anzi la storia è di quelle che
potrebbero apparire fantasiose, una pura invenzione del regista.
Il regista, Duilio Coletti, quasi certamente trae invece spunto
da una vicenda realmente avvenuta e di cui, a fine anni '50,
deve aver avuto notizia. Questa la storia:
soldati italiani,
catturati in nord Africa, vennero internati in un campo di
prigionia inglese in una sperduta isoletta della Scozia. Le
baracche erano squallide e il clima deprimente, con piogge che
non finivano mai, vento continuo, notti gelide e lunghe.
Gli Italiani cominciarono a
risistemare e abbellire il Campo, piantando fiori,
disegnando viottoli, mettendo in piedi addirittura un teatrino.
Poi qualcuno ebbe l'idea di costruire una piccola cappella con
il sostegno del Comandante del Campo che mise a disposizione due
vecchie baracche da riadattare. I materiali scarseggiavano e
bisognava accontentarsi di rottami trovati in giro, senza
acquistare nulla, e inventare soluzioni fantasiose. Uno dei
prigionieri, Domenico Ciocchetti fu tra i più attivi: dipinse
una Madonna col Bambino e, addirittura, alla fine della guerra
rimase sull'isola per completare il lavori. Preziosa anche
l'opera di Giuseppe Palumbi, un'altro commilitone prigioniero,
fabbro, che realizzò una cancellata in ferro battuto, lampade e
candelabri. Il luogo, noto come "Campo 60" situato nella piccola
isola scozzese di Lamb Holm, è meta continua di persone che si
recano a visitare la Cappella Italiana.
|