Neorealismo e dintorni

 

Il generale Della Rovere (1959)

Regia: Roberto Rossellini

 

 

Il film riceve il Leone d'oro alla XX edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Raccoglie lo sdegno della Destra e grandi consensi sulla stampa di Centro e di Sinistra: il Corriere della Sera scrive per il regista di "felice ritorno alla sua vena migliore" e l'Unità di "ritorno alle origini di Roberto Rossellini". In realtà, nonostante la presenza nel film di due mostri sacri del Neorealismo, Rossellini e De Sica, non si può, a rigore, definire come neorealista questa pellicola, mancando in essa tutte le caratteristiche peculiari del movimento:

- il lavoro di regia fu commissionato a Rosselini dalla Cineriz e dalla Morris Ergas francese; occorreva produrre un film, in fretta, da presentare alla Mostra di Venezia. La sceneggiatura doveva quindi essere rigida, senza possibilità di improvvisazione, e le riprese girate tutte in ambienti ricostruiti in studio, in modo da minimizzare i tempi di realizzazione;

- la realizzazione delle scene, perfettamente ricostruite, fa pensare più ad una realizzazione teatrale che ad una ambientazione di strada;

- per la prima volta, in questo film, venne utilizzato un obiettivo con lo zoom, quindi una tecnica di ripresa ben lontana da quella canonica neorealista;

-niente attori "di strada", ma tutti professionisti.

E' però certamente indubbio il fatto che l'esperienza e la sensibilità maturata dai due personaggi principali, Rossellini e De Sica, negli anni del Neorealismo abbia contribuito ad immergere questa trama in una atmosfera "di realismo storico" che ricorda quella dei loro precedenti film.

 

 

 

 

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La trama: al tempo dell'occupazione tedesca un truffatore, un certo Bertone, amante del gioco e delle donne, vissuto sempre di espedienti, viene arrestato dalle SS: è accusato di essersi fatto versare somme di denaro dai parenti di prigionieri deportati o anche fucilati, vantando inesistenti aderenze presso il Comando tedesco. All'ufficiale che lo interroga viene in mente di utilizzare, per i suoi fini, l'abilità dimostrata dall'imputato nel tessere imbrogli; gli offre la libertà se acconsente ad entrare nel carcere di San Vittore spacciandosi per il generale badogliano Della Rovere, ucciso per errore dai soldati tedeschi nonostante la consegna di catturarlo vivo, così da poter raccogliere le confidenze dei prigionieri politici ivi detenuti e fornire alle SS la vera identità di "Fabrizio", importante capo partigiano. L'imbroglione accetta, ma la realtà del carcere e il coraggio mostrato dai partigiani ivi rinchiusi lo portano a scoprire, forse per la prima volta nella sua vita, i valori della dignità e del patriottismo; nonostante disponga dell'informazione che gli garantirebbe la liberazione, decide di condividere la sorte degli altri uomini ed insieme ad essi viene fucilato.

 

 

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