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Il decameron (1971) Regia: Pier
Paolo Pasolini
Sceneggiatura, Musica: Pier Paolo Pasolini
Premio speciale del
festival di Berlino 1971
Il film riprende nove racconti di
Giovanni Boccaccio, il grande poeta e narratore del Trecento, tra cui
due episodi-guida, quello di ser Ciappelletto (... che in punto di morte
si fa passare per santo) e quello dell'allievo di Giotto, che è
interpretato dallo stesso Pasolini: in chiave autobiografica il
regista-attore sottolinea il rapporto tra la vita, il sogno e l'arte ...
Nei dialoghi è utilizzato il
dialetto napoletano. 'Ho scelto Napoli', dirà Pasolini, 'perché è una
sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano e,
così, di lasciarsi morire'.
Cinque dei nove racconti sono
licenziosi, cioè l'erotismo vi ha il sopravvento.
"Decameron è un'opera che
vuole essere completamente gioiosa, in maniera astratta." dichiarò il
regista. E aggiunse: "La gioia di vivere che c'era nel Boccaccio (anche
nei racconti tragici) proviene dall'ottimismo del Boccaccio. L'ottimismo
del Boccaccio era un ottimismo storico. Cioè, nel momento in cui lui
viveva, esplodeva quella meravigliosa e grandiosa novità, che era la
rivoluzione borghese: cioè nasceva la borghesia. E in quel momento,
intorno al Boccaccio, la borghesia aveva la grandezza, che avrebbe
raggiunto solo in certi momenti, e in certi stadi.... Quindi il
Boccaccio ha vissuto in questi momenti di esplosione, di nascita, di
inizio e di principio di una nuova era. E questo ottimismo suo, che è
razionale e logico (perché la ragione è il segno della borghesia), fa sì
che l'opera del Boccaccio sia una grande opera gioiosa".
Manifesto 100x140 di una
riedizione dei primi anni '80 |