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Avanti c'è posto (1942)
Regia: Mario Bonnard
La trama:
su un filobus affollato una giovane
cameriera, Rosella, viene derubata del denaro che le era stato
dato dalla padrona per pagare l'affitto. Smarrita per l'accaduto
e timorosa di tornare a casa senza il denaro, viene presa sotto
protezione da Cesare, il bigliettaio, che l'aiuta a cercare un
nuovo alloggio e un nuovo lavoro; in questa ricerca, grazie agli
annunci del giornale Il Messaggero, attraversano una Roma
fatta di camere in affitto, alberghi di terza categoria,
trattorie, teatri del dopolavoro, sale d'aspetto di stazioni,
famiglie numerose.
Ma è Bruno, l'autista, che conquisterà
il cuore di Rosella e sarà Cesare, alla fine rassegnatosi, che
con
una spericolata corsa in filobus farà incontrare i due fidanzati
per un ultimo
saluto prima che
il ragazzo parta per la guerra.
La
trama del film è in qualche misura innovativa e trasgressiva.
L'Italia è in "guerra", ma questa parola è stata bandita dalla
cinematografia dell'epoca che mai ha fatto cenno alle
conseguenti difficoltà della popolazione; sul finire del film si assiste alla sfilata dei soldati in procinto di
partire, ma a questa scena non viene data quell'aura retorica da regime
bensì una legittima malinconia per la sorte di queste giovani
vite che potranno non tornare più ai loro affetti.
Compare inoltre, anche se in
misura marginale, il dialetto che il fascismo aveva abolito nei
pubblici spettacoli; ci sono popolani che si esprimono
correttamente ma con inflessioni locali, c'è il romanesco di
Aldo Fabrizi e il veneto di Carlo Micheluzzi.
Anche la scelta di un attore come
Fabrizi, personaggio pacioso e "poco virile" è ben
lontana dalla figura "maschia" stereotipata che il regime voleva
imporre; lo stesso dicasi delle categorie sociali che si muovono
in questa vicenda: cameriere, operai, bigliettai, in definitiva
quel proletariato urbano che fino a quel momento non era stato
in alcun modo rappresentato.
Il regista abbandona con
questo film il genere dei "telefoni bianchi", che imperversava
sugli schermi, e anticipa di alcuni anni l'avvento del
neorealismo. Certamente la presenza nella sceneggiatura di
Cesare Zavattini favorisce questo cambiamento; questo è inoltre
il film in cui debutta Federico Fellini, anch'egli nella
sceneggiatura. |