Due lettere anonime (1945)
Regia: Mario Camerini
La trama:
Bruno torna a Roma
nell'estate '43, reduce dalla campagna di Russia, e scopre da
una lettera anonima che Gina lo ha lasciato per Tullio; è lo
stesso Tullio ad inviargli questa lettera. Arriva l’8 settembre
e l’armistizio; i tedeschi reprimono nel sangue ogni tentativo
di ribellione della popolazione ed occupano militarmente la
città. La tipografia, ove lavorano Gina e Tullio è controllata
dai tedeschi e il giovane è un loro uomo fidato; pur di trarne
benefici personali è diventato un delatore della polizia nazista
e quando alcuni amici partigiani, con il suo apparente
consenso, organizzano il furto delle preziose macchine da
stampa, non esita a denunciarli. Il figlio del proprietario
finisce a Regina Coeli nei giorni della rappresaglia delle Fosse
Ardeatine e viene ucciso; anche Bruno, denunciato ai tedeschi
per la sua attività partigiana, con una seconda lettera anonima,
viene arrestato. Gina, casualmente, scopre queste lettere, e
indignata per i tradimenti dell’amante lo uccide a colpi di
rivoltella. Mentre gli alleati entrano vittoriosi a Roma, la
giovane in galera sconta la sua pena.
Il regista
affronta il tema del collaborazionismo che, dopo l'8 settembre,
ha afflitto le grandi città, e Roma in particolare; gente senza
scrupoli i delatori della polizia nazista che, senza alcuna
motivazione ideologica, hanno anteposto pochi benefici economici
ad ogni sentimento di lealtà, giustizia od affetto. Molto
efficace la cronaca fatta da Camerini delle vicende cittadine di
quel periodo particolarissimo che va dall'autunno del '43 alla
primavera del '44, dall'armistizio all'arrivo a Roma degli
alleati. In città c'è tutto un ambiente umano variegato che il
regista coglie in tutte le sue sfumature; innanzitutto i
tedeschi, brutali, ma anche fanfaroni e traffichini con la
popolazione, i romani spioni e collaborazionisti, la popolazione
per lo più inerme ed attendista, come sospesa in questa lunga
attesa della fine della guerra, una piccola minoranza eroica di
partigiani; non una realtà divisa tra buoni e cattivi, ma tutte
le sfaccettature dell'animo umano. Lo scenario è descritto in modo sobrio ed obiettivo,
con pochi tratti: l'entusiasmo della popolazione che, alla
notizia dell'armistizio, festeggia affacciandosi ai balconi di
casa, l'immediata reazione da parte dei
tedeschi e la disfatta della disorganizzata resistenza civile e
militare italiana, la brutalità dei rastrellamenti nazisti, la
vita clandestina dei partigiani, fatta di frettolosi appuntamenti
sugli autobus o riunioni in buie cantine; la rappresentazione è
di tipo documentaristico, senza eccessi, secondo il migliore
canone del Neorealismo. La conclusione è stata invece aspramente
criticata perchè non conforme allo spirito del cinema
neorealista: l'uccisione di Tullio, il traditore, per mano di
Gina, una donna priva di precise convinzioni politiche, appare
una vendetta privata, non una punizione di classe come avrebbero
preferito i critici più radicali. |