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Senza pietà (1948)
Regia: Alberto Lattuada
La trama:
Angela ha lasciato la casa dei genitori
dopo aver partorito un bimbo frutto di una relazione amorosa. Si
reca a Livorno in cerca del fratello e durante il viaggio
conosce Jerry, un sergente di colore dell'esercito americano. A
Livorno Angela apprende da un capo della malavita locale che il
fratello, dedito al contrabbando, è morto in un conflitto a
fuoco; i contrabbandieri intanto cercano di coinvolgere Jerry
nei loro traffici e, per il suo diniego, nasce un tafferuglio
sedato dalla polizia militare che, intervenuta,
arresta Jerry. Angela, senza alcuna difesa, viene costretta dai
malavitosi a prostituirsi fintantoché Jerry, fuggito dal
carcere, tenta di strapparla a quella vita. In un conflitto a
fuoco coi contrabbandieri Angela viene ferita mortalmente e
Jerry, mentre fugge col suo corpo tra le braccia, precipita in
una scarpata e muore.
Il film è la storia di un nero ed una bianca che, per ragioni
diverse, sono rifiutati dalla società e, loro malgrado, ne sono
relegati ai margini; il caso avvicina queste due figure e le
loro personali e disgraziate vicende le rendono solidali fino
alla morte. Il film nasce nel
momento di massimo fulgore della poetica neorealista a cui
peraltro il regista non ha mai apertamente aderito; i dettami ci
sono però tutti: è una storia di miseria e di disperazione, il
cui finale tragico non lascia intravedere alcuna speranza. Le
riprese, essenziali, girate prevalentemente all'esterno,
mostrano uno scenario ancora ferito della guerra e le musiche,
ispirate agli spiritual americani, unitamente alla presenza
delle truppe di liberazione sottolineata dal sergente di colore,
rimarcano questo aspetto; da sottolineare che il protagonista,
quasi in onore ai canoni neorealisti, era realmente un soldato
dell'esercito americano. Da notare inoltre l'inserimento della
tematica, nuova e attuale con la presenza in Italia di truppe di
colore, del rapporto interrazziale uomo-donna, che qui non
arriva ancora a livello di amore dichiarato, ma certamente ne
costituisce le premesse. E' possibile che il regista abbia
tratto spunto da un fatto di cronaca
avvenuto qualche anno prima, dopo la liberazione: la morte di un
soldato nero che aveva assistito alla morte di una donna
italiana, di cui era innamorato, uccisa perché aveva cercato di
difenderlo; caricato il corpo dell'uccisa su una jeep era
fuggito precipitando in un burrone.
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