Questa pellicola è annoverata tra i Film della
Resistenza dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
E' l'unico film che porta sullo schermo
una
particolare situazione verificatasi nel Friuli: l’occupazione
della Carnia da parte dei cosacchi, tra l’ottobre del 1944 e i
primi di maggio del 1945. Queste popolazioni, militari e civili,
provenienti dalla Russia e dall'Europa orientale, furono
trasportati in Italia dai nazisti con la promessa di nuove terre
in cui avrebbero potuto stabilmente insediarsi alla fine della
guerra.
La trama: in
un piccolo borgo
montano, a ridosso di
una grande diga, sul
confine carnico, tutti
gli abitanti, giovani,
anziani, bambini
trascorrono serenamente
le giornate impegnati
nelle loro attività
quotidiane; tra
tenerezze e contrasti
due giovani, Pieri e
Gemma, tentano i primi
approcci amorosi. Allo
scoppio della guerra il
paese viene lentamente
privato dei suoi uomini,
richiamati alle armi;
tra questi anche Pieri e
il fratello Olinto, che
deve lasciare la moglie
e il figlioletto. Nel
settembre '43 arriva
l'armistizio. Il paese
viene occupato dai
Cosacchi e dai Nazisti
che impongono un
presidio alla diga;
Pieri ed Olinto si
trovano invece in
Albania: decisi a non
arrendersi e a rientrare
in patria, intraprendono
con un manipolo di
compagni una lunga
marcia attraverso la
Iugoslavia, e dopo molti
stenti il gruppo,
assottigliato per la
morte d'alcuni compagni,
tra i quali Olinto,
raggiunge le proprie
case. Abbracciati i
genitori e Gemma, Pieri
si rifugia con i
compagni superstiti e
con altri
alpini sul monte Guia,
in attesa
della liberazione.
Quando i tedeschi in
fuga decidono di far
saltare la diga, che
sovrasta il paese, Pieri
e i suoi, con un audace
attacco a sorpresa,
riescono ad impedirlo;
Gemma però rimane
gravemente ferita e
Pieri decide di
sposarla, in fin di via,
per suggellare il loro
amore. Contro ogni
previsione Gemma
sopravvive e... "gli
sposi vissero felici e
contenti".
Il film indubbiamente ha
recepito alcuni dettami
della corrente
Neorealista. E' stato
quasi interamente girato
nei luoghi che hanno
subito l'occupazione
cosacca (il paese di
Sauris è stato il set
del film) e le
peculiarità di questi
luoghi hanno
caratterizzato
l'ambientazione: le case
in legno, i ballatoi, i
tetti dalle
caratteristiche tegole in
legno (le scandole),
i comignoli di legno, i
fienili, le viuzze
strette e acciottolate,
anche una teleferica in
funzione sopra i tetti
del paese; e poi la
montagna, ora aspra
delle dolomiti, ora
dolce dei pascoli
montani. Anche la quasi
totalità degli attori è
stata scelta utilizzando
i friulani del luogo,
per ruoli anche di un
certo rilievo. Forse è
stato poco sviluppata la
tematica
dell'occupazione
cosacca, che non si
limitava ad un presidio
militare, ma prevedeva
un inserimento nel
territorio delle
famiglie, donne, anziani
e bambini; un solo cenno
al riguardo viene fatto
dal parroco nelle sue
raccomandazioni ai
fedeli.
Il regista Biancoli non
rinuncia
all'inserimento, in
questo contesto di
guerra, della vicenda
sentimentale tra Pieri e
Gemma; la conclusione,
apparentemente tragica,
improvvisamente a
lieto fine, è
eccessivamente
melodrammatica.