Cronache di poveri amanti (1953)
Regia: Carlo Lizzani
Il film è
ambientato a Firenze, nel 1925, in via del Corno, nel quartiere
Santa Croce.
Racconta i fatti e
i personaggi di questa piccola via del centro cittadino; c’è
tutto un mondo popolare fatto di povera gente di buoni e
cattivi, di litigi e pettegolezzi, con giovani innamorati; ci
sono anche in questo momento storico (siamo appunto nel 1925)
gli antifascisti ed i fascisti, con le loro intimidazioni e il
pestaggio finale che conclude drammaticamente la vicenda.
La trama:
il giovane
tipografo Mario si trasferisce in via del Corno, per stare più
vicino alla fidanzata, e qui si trova a condividere le vicende
quotidiane dei residenti; il suo padrone di casa, detto Maciste
per la sua possente corporatura (il personaggio è interpretato
dall’atleta Adolfo Consolini, discobolo olimpionico, che sarà
guidato in questa sua unica esperienza cinematografica da
Marcello Mastroianni); Ugo, venditore ambulante, un tempo
impegnato in politica, ma ora dedito solo a donne e
divertimenti; un ciabattino; il proprietario di un alberghetto
che ospita alcune prostitute; Alfredo, proprietario di una
pizzicheria e novello sposo di Milena; c’è la “signora”, una
strozzina che, benché immobile a letto, è costantemente
informata dalla sua servetta di tutto ciò che succede nella via.
Ci sono poi i fascisti ed una sezione locale del loro partito, a
cui gli artigiani del quartiere versano contributi. E’ proprio
la decisione di Alfredo, che vuole investire tutti i propri
risparmi nella sua attività, a non erogare questo contributo che
scatena la violenza fascista; in un conflitto notturno Maciste
viene ucciso, Ugo ferito e anche Alfredo pestato a sangue finirà
per morire; Mario sarà arrestato.
La storia è tratta
dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini, da cui il regista
estrae una serie di personaggi che si muovono in un contesto
classico neorealista, privo di orpelli e ben strutturato: la
chiassosa e popolaresca vivacità del vicolo, in sottofondo
alcune vicende sentimentali, e soprattutto il messaggio politico
che raggiunge il suo apice con la sequenza della missione
punitiva, preludio di quella che sarebbe stata l’evoluzione, o
piuttosto involuzione, politica prossima a venire. Il film
realizzato nel 1953, alcuni anni dopo la conclusione del periodo
di massimo fulgore del “Neorealismo cinematografico”, può essere
considerato tra quelli che ne hanno raccolto lo spirito e
l’atmosfera, anche se il regista contravviene a uno dei dogmi
del neorealismo: rinuncia di “girare il film per le strade” con
gente presa dalla realtà e lo realizza in un set ad hoc, una via
del Corno ricostruita, anche se all’aperto per utilizzare la
luce naturale ed avere una fotografia simile a quella
dell’esterno.
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