I film di Pier Paolo Pasolini

Trama: il film è una allegoria che si snoda su più livelli, il fiabesco-surreale, il politico, il sociale.

Totò e Ninetto Davoli sono due poveri cristi (padre e figlio) che, parlando apertamente di Vita e Morte, passeggiano quietamente tra le strade della più squallida periferia romana. A loro si unisce un corvo saccente, presuntuoso, che gli racconta le gesta di Frate Ciccillo e Frate Ninetto, obbligati da San Francesco a convertire falchi e passerotti (gli uccellacci e gli uccellini). Totò e Ninetto indossano il saio per ripetere agli uccelli la predica di San Francesco, riuscendo a fare ascoltare a falchi e passerotti il messaggio di Dio, ma senza riuscire a far desistere i rapaci dalle loro sanguinose abitudini.lE' un attacco diretto al ruolo della Chiesa, chiusa fra i propri doveri cristiani e l'assoluta incapacità di capire ciò che accade fuori dai Palazzi del Potere. L'episodio dei due fraticelli è emblematico. Il ruolo della Chiesa è quello di un anonimo "ordinatore" di leggi che però non capisce che quelle leggi imposte non potranno mai concretizzarsi, perchè lo scollamento tra società e Chiesa è abnorme, quasi impossibile da colmare.

Poi si ritorna al presente, con l'anarchia terrena dei protagonisti: Totò va a defecare in mezzo ai campi, si diletta con una puttana, subito imitato dal figlio, e assiste ai funerali di Togliatti. Si riprende il cammino. Ma il corvo ancora ciancia. Padre e figlio, stanchi delle prediche dell'uccellaccio, decidono di mangiarselo.

 

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Pier_Paolo_Pasolini_Uccellacci_e_Uccellini.htm

 

 

 

Locandina 33x70

Uccellacci e uccellini (1966)

 

Regia: Pier Paolo Pasolini

 

Soggetto e Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini

 

Del film lo stesso Pasolini ci racconta:

"Non ho mai messo al mondo un film così disarmato, fragile e delicato come Uccellacci e uccellini. Non solo non assomiglia ai miei film precedenti, ma non assomiglia a nessun altro film. Non parlo della sua originalità, sarebbe stupidamente presuntuoso, ma della sua formula, che è quella della favola col suo senso nascosto...
L'atroce amarezza dell'ideologia sottostante al film (la fine di un periodo della nostra storia, lo scadimento di un mandato) ha finito forse col prevalere. Mai ho scelto per tema di un film un soggetto così difficile: la crisi del marxismo, della Resistenza e degli anni Cinquanta, poeticamente situata prima della morte di Togliatti, subita e vissuta, dall'interno, da un marxista, che non è tuttavia disposto a credere che il marxismo sia finito (il buon corvo dice: 'Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango...'). 
Ho scritto la sceneggiatura tenendo presente un corvo marxista, ma non del tutto ancora liberato dal corvo anarchico, indipendente, dolce e veritiero. A questo punto, il corvo è diventato autobiografico, una specie di metafora irregolare dell'autore. 
Totò e Ninetto rappresentano invece gli italiani innocenti che sono intorno a noi, che non sono coinvolti nella storia: questo quando incontrano il marxismo nelle sembianze del corvo. La presenza di Totò e Ninetto in questo film è il frutto di una scelta precisa motivata da un'altrettanto precisa posizione nell'ambito del rapporto tra personaggio e attore. 
Ho sempre sostenuto che amo fare film con attori non professionisti, cioè con facce, personaggi, caratteri che sono nella realtà, che prendo e adopero nei miei film. Non scelgo mai un attore per la sua bravura di attore, cioè non lo scelgo mai perché finga di essere qualcos'altro da quello che egli è, ma lo scelgo proprio per quello che è: e quindi ho scelto Totò per quello che è. Volevo un personaggio estremamente umano, cioè che avesse quel fondo napoletano e bonario, e così immediatamente comprensibile, che ha Totò. E nello stesso tempo volevo che questo essere umano così medio, così "brava persona", avesse anche qualcosa di assurdo, di surreale, cioè di clownesco, e mi sembra che Totò sintetizzi felicemente questi elementi".