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Trama: la vicenda
del film si svolge attraverso un ciclo metaforico, una vicenda che si
richiude e conclude su sè stessa: negli anni '20 in un paesino del Nord
nasce un bimbo; svezzato e amato dalla mamma è invece temuto e 'odiato'
dal padre che teme che gli porti via l'amore della sua donna. Con un
gesto inconsulto, prendendolo per le caviglie, vorrebbe quasi ucciderlo.
La scena si sposta nella Tebe dell'antica Grecia dove assistiamo alla
tragedia dell'Edipo re.
Laio e Giocasta, regnanti
in Tebe, apprendono da un oracolo che il loro figliolo Edipo ucciderà il
padre e sposerà la madre. Incaricano pertanto un servo di uccidere il
neonato sul monte Citerone. Ma questi, mosso da pietà, abbandona il
piccolo che viene raccolto da un pastore di Corinto e consegnato al re
che lo educa come un figlio. Recatosi tuttavia dall'oracolo di Apollo
Edipo apprende l'orrendo vaticinio e, per sfuggire al tragico destino,
si allontana da Corinto. Durante il suo peregrinare incontra Laio
accompagnato da alcune guardie. Tra i due nasce una lite ed Edipo, senza
conoscerne l'identità, uccide il vecchio re e la sua scorta. Giunto a
Tebe, libera la città dalla Sfinge, un mostro orrendo, ed ottiene in tal
modo la mano di Giocasta. Scoppiata una pestilenza Edipo interroga
l'indovino Tiresia per conoscerne la ragione: sono gli Dei irati con
lui, parricida e sposo di sua madre. Appurata la verità si compie la
tragedia: Giocasta si impicca nella reggia ed Edipo si trafigge gli
occhi.
La scena torna ai nostri
giorni, sotto i portici di Bologna: troviamo l'Edipo cieco che,
mendicando, attraversa la città sino alla periferia degradata dove c'è
il prato su cui il bimbo nato negli anni '20 aveva per la prima volta
aperto gli occhi.
La cecità di Edipo
(un 'innocente' perseguitato da un destino avverso e crudele),
simboleggia l’incapacità dell’uomo contemporaneo di 'vedere' – e di
sforzarsi di comprendere – le situazioni in cui si trova, situazioni
per molti versi drammatiche e terribili. Il suo vagare in un
paesaggio desertico, in totale assenza di rapporti umani e di
qualsivoglia comunicazione, senza che pronunci alcuna parola e
soprattutto senza una meta che non sia quella che il "destino"
stesso gli indica ineluttabilmente, dà il senso preciso di questo
estraniamento, di questo tremenda, assoluta mancanza di possibilità
e di volontà di 'vedere'... Pasolini sente, quale suo primario
compito morale, civile e politico, di dovere richiamare l’attenzione
dei suoi contemporanei affinché non diventino 'ciechi', affinché non
accettino come ineluttabile il divenire dei fatti e della Storia.
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